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 Il nome Nepente deriva dal greco "ne" = non e "penthos" = tristezza, nessuna tristezza. Questo nome ha ispirato storie e suggestioni fin dall'antichità e viene perfino citato da Omero nel VI libro dell'Odissea. la parola viene usata per indicare la bevanda che Elena di Troia custodiva per il marito Menelao, re di Sparta, per dirimere la sua tristezza; inoltre lo fece servire per Telemaco, giunto a corte afflitto e stanco in cerca di notizie del padre Ulisse non ancora tornato in patria:

"Il Nepente già infuso, e a' servi imposto Versar dall'urne nelle tazze il vino" (Trad. di Ippolito Pindemonte)

La cita anche in altri brani come una bevanda medicamentosa, calmante, usata dai soldati per rimedio contro le ferite. Quasi un narcotico. O un anestetico.

Erodoto, nel libro II delle Storie, parla del Nepente della Valle del Nilo e molti studiosi hanno ritenuto doversi trattare di uno stupefacente, forse un oppiaceo. Poco tempo dopo Plinio il Vecchio, studiando nello "Excursus" del Libro XXIV il Nepente di cui riferiva Omero, si interrogava su quale fosse la pianta corrispondente, concludendo doversi trattare di una misteriosa pianta egizia il cui infuso donava serenità e qualcosa di più:

Hoc nomine vocatur herba quae vino injecta hilaritatem inducit (Con questo nome [Nepente] è chiamata un'erba che messa nel vino induce allegria).

 

     

 Il viaggio in Sardegna degli scrittori Edoardo Scarfoglio e Cesare Pascarella, inviati nell'isola nel maggio 1882 dalle riviste "Capitan Fracassa" e "Cronaca bizantina", ed accompagnati da Gabriele D'Annunzio, fu un itinerario tra cronaca e letteratura che, tappa dopo tappa, prende avvio dalla "bellezza di piombo" della città di Terranova (Olbia) per proseguire con Cagliari ("città mezza sarda, mezzo continentale, mezzo montanara, mezzo marinara"), l'"oasi africana" di Selargius, Villacidro ("un pezzo di Svizzera sarda"), Iglesias e Gonnesa, ed ancora Nuoro ("con una prepotenza femminile florida"), Oliena, Sassari, Alghero e Porto Torres. 

 

Inoltre Gabriele D'Annunzio, nel 1909, cimentatosi nel melodramma, fece uscire la sua "Fedra", una tragedia in tre atti per la musica di Ildebrando da Parma, la cui protagonista incontrando un pirata fenicio gli domanda: Rechi il farmaco d'Egitto, il Nepente che dà l'oblio dei mali? Ancora dunque era diffuso all'inizio del Novecento il significato magico dell'antichità.

 

       

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